Il mio “otto volante”

Arriviamo così al 2006, quando ripresi a documentarmi e interpellare i rivenditori per l’acquisto di una full con escursioni e geometrie più “All Mountain”. Devo dire che, sebbene fossero passati 6 anni dall’acquisto della Specy e nonostante la grande evoluzione tecnica del settore, alcuni negozianti non sembravano molto preparati sull’argomento, o forse erano solo poco disponibili, in ogni caso non furono di grande aiuto. Alla fine comunque trovai una possibile risposta alla mia ricerca in quel di Zogno e, tra mille dubbi, all’inizio del 2007 decisi di comprare la mia attuale Kona Dawg Primo.
Il primo test di guida l’ho fatto solamente dopo l’acquisto, appena arrivato a casa dal negozio e scaricata la bike dall’auto.
Anche in quell’occasione l’impatto fu a dir poco traumatico: la forcella mi pareva distesa come quella di un chopper, i 130 mm scarsi di escursione delle sospensioni mi sembravano un’enormità (poca cosa, rispetto agli attuali standard da 150/160 mm), il movimento centrale così alto mi faceva sentire sospeso in aria e il peso totale mi pareva tornato su valori di vecchia memoria.
Non nascondo che per la seconda volta ho pensato “Ma che cavolo ho comprato ?!”.
Memore però di una situazione analoga già provata con la Specy, cercai semplicemente di concentrarmi sull’apprendimento di un diverso modo di condurre la mtb.
Devo aggiungere inoltre che, ogni volta che ho acquistato una mtb, non l’ho sentita veramente mia, fino a quando non solo l’ho guidata (come è ovvio che sia), ma anche smontata, rimontata e modificata in qualche dettaglio, per migliorane la funzionalità e adattarla al mio gusto.
In ogni caso, le premesse per fare delle belle “raidate” sembravano esserci tutte. D’altra parte Kona è un brand che ha fatto la storia del freeride e del back country e io, nel mio piccolo, ho sempre cercato di non dimenticarlo.
Grazie a lei ho ritrovato un poco di quella giocosità dell’adolescenza, di quella spensieratezza di quando con gli amici ci lanciavamo su piccoli salti, di quel desiderio di sperimentare, che traspare anche dai pochi scatti salvati nell’articolo di presentazione.
Sono convinto che prima di tutto una mtb deve essere “guidata” e poi semmai gli si può chiedere di dimostrare a cosa serve tutta quella tecnologia, pagata così profumatamente.
È innegabile però, che certe geometrie leggermente più “gravity”, tipiche di una bike AM, regalano senza dubbio più sicurezza, ed è stato proprio questo importante aspetto, che mi ha permesso di confrontarmi e divertirmi con difficoltà di ogni tipo (mai estreme), senza dovermi preoccupare costantemente delle reazioni nervose e imprevedibili, tipiche della mia “scuola” Specy.
Devo ammetterlo, ancora oggi, di tanto in tanto, quando mi trovo in una situazione imprevista o piuttosto complicata, dico alla mia Kona “Vai, pensaci tu” e lei, come certi fidi ed epici destrieri, mi aiuta, senza batter ciglio e lascia che io pensi solo a piroettare su e giù, a destra e a sinistra, se non altro con la fantasia, con quella stessa ingenua meraviglia dei bambini sulle giostre.
Ecco perché alla fine la considero il mio personale “otto volante”.
Kona