I tronchi del “Tronchi”

Mi è rimasto molto impresso il giorno in cui mi sono trovato davanti una vera e propria foresta di alberi caduti, avvolti da un groviglio di fronde, piante rampicanti e rovi.
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Che scoraggiamento ho provato ! Avevo appena ritrovato quel sentiero così divertente ed era già impraticabile.
Una volta scavalcati i tronchi però
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stavo già pianificando un intervento e così verso la metà di luglio del 2011 mi portai in zona operativa a piedi e armato solo di una sega ad arco da 80 cm. Il lavoro da fare era molto e mi preoccupava in particolare un enorme tronco, con un diametro di circa 40 cm e molto vicino a terra (quello che si vede in primo piano nelle due foto sopra). Uno dei limiti della sega ad arco è dato infatti dal ridotto spazio tra lama e arco stesso, nel mio caso una ventina di centimetri circa. Quindi sarebbe stato necessario eseguire due tagli contrapposti e soprattutto in linea. In ogni caso mi misi al lavoro e dopo alcune ore di sudore avevo ripulito quasi tutto il sentiero, mancava solo un ultimo taglio al “gigante”. All’improvviso iniziò a tuonare e sebbene mi sforzassi di guardare il cielo attraverso le cime degli alberi, non riuscivo a capire quanto il temporale fosse vicino. Decisi quindi di rimandare la fine del lavoro ad una prossima uscita e rimisi tutte le mie cose nello zaino. Mentre mi allontanavo però continuavo a voltarmi e a guardare perplesso la mia opera incompiuta. Non mi andava giù nemmeno di lasciare un tronco così grande e già tagliato da un lato, sospeso a mezz’aria.
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(Nella foto si può notare il taglio inferiore completato e quello superiore invece a due terzi, con il legno che si sta spaccando. Il tronco sottostante doveva servire invece per agevolare la movimentazione).
Come diceva il mio babbo: “Vale più un lavoro fatto, che cento da fare”. Feci allora una rapida valutazione di come raggiungere il riparo più vicino in caso di fulmini e saette e mi rimisi al lavoro. Completai il taglio, ma ormai stremato e con il temporale che continuava a ripetermi “guarda che adesso arrivo !”, persi un po’ di lucidità e, nel tentativo di manovrare il pesantissimo pezzo di tronco adagiato sul terreno, mi rimasero incastrate tra legno e legno un paio di dita della mano sinistra. Ricordo che mentre cercavo di liberarle ho anche pensato che non ce l’avrei mai fatta, tanto ero stanco e tanto pesava quel pezzo. Per fortuna in qualche modo ci riuscii e decisi che l’avrei spostato in un’altra occasione (ma come ?).
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Le dita rimasero intorpidite per molto tempo, ma poi tornarono a posto. Questo aneddoto, se vogliamo anche comico, evidenzia però un aspetto essenziale della manutenzione: operare sempre in sicurezza. Come quando si guida la mtb: pianificare con cura ogni azione e calcolare continuamente le conseguenze. Certo, dirlo è facile, poi ci si mette sempre di mezzo il fattore “X”.
In seguito riuscii a rimuovere il tronco solo realizzando una leva “di primo grado” (grazie Archimede)
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e con piccoli spostamenti lo disposi in linea con gli altri, a margine del sentiero.
Completai il tutto firmando l’opera con l’applicazione del mio avatar in legno su uno dei tronchi.