Le prime “Cantate”

Ho iniziato a frequentare il Canto all’incirca nel 2000, incoraggiato dalle prestazioni della mia nuovissima Specialized FSR Stumpjumper, molto più leggera e tecnicamente più evoluta, rispetto alla precedente Huni rigida in acciaio e con allestimento base.
A quell’epoca anche la salita che da Mapello porta alla chiesetta degli alpini, in località Tribulina, era sterrata e così partivo da li. Proseguivo poi per Ca’ Bergnino e Fontanella, ma poco a poco iniziavo a cercare nel bosco delle alternative all’asfalto e alle noiose carrabili. Adesso non ricordo bene, ma credo di avere cominciato proprio dal sentiero che da Fontanella porta al Colle di Montalbano.
Ricordo invece ancora oggi la suggestione provata la prima volta che ho percorso il sentiero di S. Alberto. Mi sembrava di essere precipitato in un’altra dimensione. In uno di quei film americani ambientati in foreste sperdute e inquietanti.
Capita, quando non sia ha la percezione della posizione in cui ci si trova, rispetto alla strada o all’abitato più vicino. La magia (o l’incubo a seconda dei casi) è completata poi da certi giochi di luce e ombre, in particolare in alcune ore, durante la stagione autunnale.
Così, con scarso senso dell’orientamento e nessuna preventiva lettura almeno di una cartina topografica, all’improvviso sbucavo dal bosco in vie di paesi per me quasi sconosciuti.
Devo dire che il bello del Monte Canto è proprio questo: da qualunque parte si salga, si trova sempre un modo per tornare in pianura, al “piede”. Non solo, è in grado di offrire anche una varietà notevole di terreni: il classico single track in terra battuta, la pietraia, il ripidone, il tornante stretto, il canale scavato, il ruscello, e l’infinita combinazione di questi elementi fra loro. Come le sette note. Impossibile ripetere la stessa identica melodia.
Unico limite, la fantasia.
Sta al biker decidere come collegare i trail fra loro, per poi interpretarli secondo il proprio modo di intendere la mtb: in chiave escursionistica, XC, All Mountain/Enduro o Freeride.
Per quanto riguarda invece la DH, non ci sono discese così lunghe e passaggi tecnici da affrontare a “gas aperto”, tali da giustificare una risalita a spinta, che risulterebbe sicuramente estenuante. Nel caso poi il downhiller si accontentasse e decidesse comunque di portarsi 20 kg fino alla cima, dovrebbe essere dotato di un elevato senso della misura, per non mettere a rischio l’incolumità degli escursionisti a piedi, che quasi inevitabilmente troverebbe sul suo percorso.

Adesso che ci penso però, conosco almeno un paio biker con queste doti !
Ciao Matteo (e socio) !