L’ incontro con la mtb

Quando agli inizi degli anni ’80 sono arrivate in Italia le prime mtb, non ho compreso subito che potevano essere l’evoluzione della mia cara Viner, con la quale a 13 anni scorrazzavo in compagnia degli amici tra saltini, brevi wheeling e derapate interminabili.  Forse quella forma più simile a una bdc, forse gli utilizzatori stessi, che mi parevano più interessati a estenuanti pedalate su facili sterrate, piuttosto che a cimentarsi su sentieri tecnici e guidati, forse infine quel nomignolo che circolava allora, il “rampichino”, non mi permisero di guardare oltre le apparenze.
In quel periodo, fu molto più naturale per me dare sfogo alla passione per il fuori strada con le moto da enduro. Anche se devo riconoscere che non erano più quelle che avevano fatto la storia della “regolarità”, ma piuttosto una rielaborazione fortemente influenzata da strategie marketing.
Così rimasi quasi indifferente al fenomeno mtb, anzi direi più esattamente che lo snobbai !
Non so, adesso, con il senno di poi, mi sembra che gli stessi inventori si fossero allontanati un po’ dall’idea originale. Sono d’accordo che i materiali e le tecnologie disponibili non permettevano di realizzare qualcosa di più specialistico, mantenendo un prezzo accessibile, e riconosco pure che le scelte costruttive erano mirate ad una diffusione di massa (business is business !), ma le prime mtb ammiccavano troppo esplicitamente all’utilizzo cross country e poco invece a qualcosa di più gravity, in vero stile “Repack”.
Gary alla Repack
Almeno queste furono e rimangono tuttora le mie personali sensazioni.
La mtb riapparirà nella mia storia in fuori strada nei primi anni ’90 per un caso fortuito: avevo dei problemi alle ginocchia e un ortopedico mi consigliò di tonificare i quadricipiti con una cyclette. Ovviamente preferii starmene all’aria aperta e così decisi di acquistare una mtb.